Il Cerchio Magico
Narrazioni e
dialoghi
sulla ricchezza culturale dei popoli
a cura di Daniela Grassi
(pp. 141; 14,00 euro; ISBN
978-88-89621-12-7)
Se vogliamo conoscere davvero noi stessi, le nostre capacità di
andare oltre le false credenze e i pregiudizi, non c’è che un mezzo: entrare nel
«cerchio magico» dove, come in una antica veglia nella stalla, in una yurta o
in una tenda tuareg contro cui soffiano vanamente i venti del deserto, ci
attendono persone che narrano le proprie storie e quelle, drammaticamente vere
o leggendarie, dei loro popoli.
E che vogliono ascoltare le nostre, per stupirsi e per stupirci,
per ritrovare tratti comuni di cammino e modi simili o differenti di affrontare
la realtà.
Ognuno porta con sé il suo nome e quello della comunità in cui è
nato o da cui discende: Romeni, Ebrei, Albanesi, Italiani, Rom, Sinti o
semplicemente Zingari, Islamici marocchini o tunisini; o Islamici europei.
Tutti viviamo insieme sullo stesso territorio comunale, nella
stessa nazione, sulla stessa terra, trasportati dalla storia in cui ci siamo
incamminati per necessità o per scelta e recando con noi un enorme capitale: la
ricchezza della nostra cultura.
Eppure molti tra noi, a causa del primo e più importante motivo
di povertà al mondo, il pregiudizio, dopo aver tentato di sfuggire alla guerra,
alla miseria, all’ingiustizia sociale e al razzismo, continuano a vivere nella
sofferenza e nella separatezza di fronte all’egoismo materiale e spirituale
d’una società impaurita e arida.
Ma una volta entrati nel Cerchio magico della narrazione di sé,
possiamo aprire con fiducia i nostri bagagli d’antichi viaggiatori, mostrare
con orgoglio le nostre preziose storie e scambiarle con altri, per arricchirci
vicendevolmente.
«... Dio, non vuole la globalizzazione e confonde loro le
lingue: no ad una sola lingua, no ad una sola cultura, no a un solo potere.
Quando ha creato il mondo e poi ha, come dire, “laureato” Adamo, il rapporto
dell’uomo con il Creato l’ha definito in quattro verbi: dominare, soggiogare,
custodire, coltivare. La globalizzazione ha scelto solo i primi due: dominare e
soggiogare, e ha dimenticato di custodire e coltivare.
Sulla Torre di Babele erano tutti lì, insieme: se non
fosse ridicolo dirlo, era una specie di New York babilonese, con il
grattacielo, e loro, tutti lì. Dio ha preferito che gli uomini vivessero nella
diversità: la confusione delle lingue non è un castigo, è un progetto che ha lo
scopo di creare un pluralismo di culture, nessuna delle quali ha il privilegio
sulle altre.
Dice un commento rabbinico: Dio ha creato un solo uomo
perché nessuno possa dire: “Mio padre era più grande del tuo”...»
Paolo De Benedetti
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PAOLO DE BENEDETTI, biblista; padre GEORGHE VASILESCU, pope della chiesa romena ortodossa; ZARIF BEGANOVIC, capo famiglia rom; CARLA OSELLA, sociologa che con i rom e i sinti condivide il cammino da più di trent’anni; MARIA ADELE ROGGERO, che si occupa di dialogo islamicocristiano e di alfabetizzazione delle donne maghrebine; LIVIA BLECICH, profuga da Fiume nel dopoguerra; DON FRANCESCO QUAGLIOTTO, ogni giorno sul campo con i migranti, i loro problemi e le loro speranze ed EDUARD SOPPI, pittore e restauratore albanese, sono entrati nel Cerchio con noi con l’intento di renderci meno stranieri gli uni agli altri in un momento storico non facile. E per evitare, senza ipocrisie e senza menzogne, l’innescarsi di un meccanismo molto triste e pericoloso per tutti, perché, come ricorda padre Vasilescu: «Non c’è straniero più straniero del tuo nemico».
La
foto della copertina di questo libro, come quella di NOTTURNO
PER VIOLONCELLO SOLO
è
stata scattata dalla fotografa Veronica Mecchia.
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